Il Ruolo della Fotogrammetria per l’Indagine Forense

 
Fotogrammetria, Settore Forense, Documentazione

 
Tutti i dati presenti qui sono stati raccolti da 3Dflow in collaborazione con i tecnici di Canon Italia ed esperti del settore forense di Padova.
 
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Per il seguente caso studio tratteremo l’importanza che riveste la fotogrammetria nel settore forense presentando alcuni progetti 3D che vogliono replicare casi di studio e flussi di lavoro reali.
 
NB: i progetti mostrati di seguito non rappresentano scenari reali ma dei test di alcune situazioni tipiche con cui chi lavora nell’ambito ha normalmente a che fare, come ad esempio la raccolta dati fotografica di impronte digitali, impronte di scarpe, tracce di sangue, oggetti ritrovati sulla scena del crimine, interni e stanze, e così via. Noi abbiamo cercato di replicare questa fase allestendo una stanza del nostro ufficio con una serie di oggetti dedicati ed adoperando tutta un’attrezzatura specifica procurata dagli esperti forensi. L’acquisizione fotografica è stata eseguita con la fotocamera Canon EOS R6 Full Spectrum gentilmente fornita da Canon Italia per lo scopo, mentre il processamento dati è stato effettuato in 3DF Zephyr.

 

La fotogrammetria e il settore forense

Nel corso degli ultimi anni, la fotogrammetria si è rivelata uno strumento molto efficace di raccolta dati digitali nel vasto campo delle indagini forensi, che va oltre la “semplice” acquisizione fotografica. Estrarre modelli 3D di elevata precisione a partire dalle foto scattate permette di avere una documentazione solida e completa e di effettuare analisi approfondite, sfruttando un approccio che resta non invasivo, prerequisito fondamentale in questo settore. Con la fotogrammetria è infatti possibile ricostruire la scena del crimine così come si presenta, e qualsiasi prova ricostruita in 3D può essere poi correttamente scalata sulla base delle misurazioni prese sulla scena.
 
Gli scenari possono essere diversi: oltre a quelli già menzionati, vi è ad esempio la possibilità di analizzare la deformazione di proiettili e della loro traiettoria di tiro, o ancora, ricostruire in 3D gli incidenti stradali. In merito a questi ultimi, rilevare l’area dove è avvenuto l’incidente e i veicoli coinvolti aiuta sicuramente a capire meglio le dinamiche dell’impatto.

 

Attrezzatura utilizzata

Per la giornata di test, abbiamo utilizzato l’attrezzatura seguente:
 

  • Fotocamera Canon EOS R6 “Full Spectrum” per la raccolta dati
  • Adattatore montato sull’obiettivo con filtri “drop-in
  • Treppiedi
  • Torce con illuminazione standard, UV e IR
  • Oggetti con tracce di sangue e impronte digitali
  • Marker codificati di 3DF Zephyr
  • 3DF Zephyr per il processamento dati

 
La macchina fotografica Canon EOS R6 Full Spectrum è un prodotto opportunamente ideato per questo settore specifico. Questa fotocamera è stata modificata rispetto alla sua controparte standard per soddisfare le esigenze delle indagini forensi e di sicurezza. Grazie ad un adattatore montato sull’obiettivo che permette l’inserimento e l’utilizzo di specifici filtri “drop-in”, insieme alla tecnologia Full Spectrum, essa recupera le tracce biologiche e tutte le prove altrimenti poco visibili (o addirittura invisibili) a occhio nudo.

 

I progetti in 3DF Zephyr

Progetto #1 – Stanza

Il primo progetto mostra un tipico rilievo di interni, la stanza dove abbiamo posizionato i nostri “oggetti di scena” ed eseguito i nostri test. Il dataset presenta 172 immagini in JPG (dati RGB) scattate utilizzando un treppiede, che si rivela sempre molto utile quando si affrontano scenari di interni in cui spesso non vi sono buone condizioni di luce (Fig. 1). La stanza è stata ricostruita parzialmente in quanto il nostro obiettivo principale erano gli oggetti (il divano, la cravatta e la piastrella) e la parete bianca.
 

Fig. 1. Mesh 3D della stanza dell’ufficio – geometria (a sx) e texture (a dx). ©3Dflow

 
A proposito della parete bianca, per ricostruire correttamente una superficie uniforme e quasi priva di texture utilizzando il metodo fotogrammetrico, è buona norma aggiungere più motivi, pattern e punti su di essa per aiutare il software a riconoscerli e ricostruirli. Per farlo, ci siamo affidati ai nostri target codificati che si possono stampare direttamente da 3DF Zephyr, e che possono essere una soluzione che fa risparmiare tempo poiché il software li rileva automaticamente e aggiunge un punto di controllo per ogni target una volta completata la fase di orientamento fotocamere (Fig. 2). La mesh finale ha un totale di 63.249.850 triangoli.
 

Fig. 2. Marker codificati di 3DF Zephyr. ©3Dflow
Fig. 2. Marker codificati di 3DF Zephyr. ©3Dflow

 

Progetto #2 – Cravatta

Qui, abbiamo il primo progetto “close-up” dei vari oggetti del precedente modello 3D della stanza. In questo caso, la cravatta bordeaux è stata posizionata sul divano e macchiata di sangue. Le macchie di sangue sono risultate molto più visibili grazie al filtro da 950 nanometri inserito nella fotocamera Canon e all’illuminazione UV e IR. Alla fine, gli esperti forensi hanno scelto di scattare più foto con la torcia IR, come si può vedere dalla mesh con texture. Hanno anche posizionato un righello per ottenere un riferimento metrico (Fig. 3).
 

Fig. 3. Mesh 3D della cravatta – geometria (a sx) e texture (a dx). ©3Dflow

 
Il dataset in questione presenta solo 13 immagini in JPG, tuttavia, avere una esigua quantità di dati in input è stata una scelta voluta. Volevamo “stressare” 3DF Zephyr e mostrare il livello di dettaglio, in termini di geometria 3D e qualità delle texture, si può ottenere con un numero così scarso di immagini. Il filtro di fotocoerenza ha ulteriormente migliorato la mesh grezza iniziale per recuperare il maggior numero possibile di dettagli della scena, superando così il basso numero di dati di input, e aumentando il numero di triangoli della mesh a più di 6 milioni.
 
Per quanto riguarda la mesh con texture, solo le immagini IR sono state utilizzate per eseguire la generazione della texture, mediante una preselezione manuale, in quanto evidenziano meglio le tracce di sangue. Questa funzione è utile in quanto gli utenti sono totalmente liberi di scattare foto utilizzando diversi tipi di illuminazione e frequenze e decidere quali dati elaborare in base ai propri obiettivi e alle proprie esigenze.

 

Progetto #3 – Piastrella

In questo caso, abbiamo portato il nostro stress test del software all’estremo: abbiamo scattato solo 5 foto di una piastrella attaccata al muro su cui vi sono altre tracce sbiadite di sangue per replicare un esempio di prova sulla scena del crimine. Una volta posizionato un riferimento metrico accanto alla piastrella, le foto sono state scattate utilizzando una luce UV senza la necessità di montare alcun filtro sull’obiettivo della fotocamera (Fig. 4).
 

Fig. 4. Mesh 3D della piastrella – geometria (a sx) e texture (a dx). ©3Dflow

 
Le foto erano decisamente poche, ma comunque sufficienti ad effettuare una ricostruzione 3D con una mesh finale avente più di 15 milioni di triangoli. In ogni caso, come regola generale, si consiglia sempre di scattare più foto, quando possibile, soprattutto quando si ha a che fare con soggetti più complessi o più grandi.

 

Progetto #4 – Impronta digitale

L’ultimo progetto mostra un’impronta digitale realizzata su un monitor TV (ad esempio, uno sfondo nero). Per questo dataset, gli esperti forensi hanno scattato le immagini utilizzando torce ad illuminazione regolare e UV, più il cosiddetto filtro invisibile “Clear” di Canon. Il processo di ricostruzione 3D è stato eseguito con 18 immagini e qui sotto è possibile vedere il livello di dettaglio della geometria (Fig. 5) e le due mesh con texture. La prima texture è stata generata a partire dalle foto con illuminazione UV, mentre le immagini scattate con il filtro Clear e l’illuminazione standard sono state utilizzate per generare la seconda texture (Fig. 6).
 

Fig. 5. Mesh 3D della geometria dell’impronta digitale. ©3Dflow
Fig. 5. Mesh 3D della geometria dell’impronta digitale. ©3Dflow

Fig. 6. Mesh con texture dell’impronta digitale – illuminazione UV (sx), illuminazione standard + filtro “Clear” Canon (dx). ©3Dflow

 

Per quanto riguarda la geometria della mesh, abbiamo sperimentato con i parametri del filtro di fotocoerenza per far risaltare ancora di più i microdettagli (vai a questo tutorial per saperne di più sulle impostazioni del filtro di fotocoerenza) con un risultato finale di 8.897.912 triangoli.

 

Conclusioni

Il rilievo fotogrammetrico e LiDAR consolidano la raccolta di prove digitali negli scenari forensi, fornendo agli esperti uno strumento di documentazione facile da usare per analizzare le scene del crimine. Qualsiasi prova ricostruita in 3D può essere scalata con precisione in base alla pipeline di misurazione selezionata dai professionisti forensi. In questo modo, è possibile fornire un solido dossier per l’indagine legale senza limiti di accessibilità e query dei dati.